Anche le olive ci interpellano

olio-del-cilentoMi faccio una domanda retorica: il primo ominide che ha assaggiato un’oliva direttamente dall’albero, sarà morto di disgusto, no? Una bacca piccola, con un grosso nocciolo, orrendamente amara: tutto il suo cervello di ominide gli avrà mandato dei segnali di “pericolo!”, “non mangiare”, “stai lontano”, “usala per avvelenare le punte di selce”. Invece lui no, imperterrito sulla via evolutiva che porta dall’olio, alla pizza, passando per l’insalata. Eroi misconosciuti. E ancora: a un certo punto un ominide avrà pensato “io no mangia, io schiaccia con sasso” e dunque avrà visto che spremendo le olive usciva un sugo giallo buonissimo da mangiare con la pappa di farro o col bisonte. Va bene. Ma prima di spremerla, che tentativi avrà fatto? L’avrà martellata? Ci si sarà seduto sopra per un mese? L’avrà messa sotto la cenere? Seccata e bevuta in infusione? Data da mangiare alle capre, aspettato che le capre la cacassero, ripulita, tostata e trasformata in farina per farne delle focaccette? Io dico che hanno fatto questo e altro, e senza scoraggiarsi mai, e che noi invece ci saremmo stufati subito e le avremmo usate per tirarle con la fionda ai merli. E ci saremmo lamentati.

Paola, una nostra amica